Dopo vari riascolti, confermo tutte le mie opinioni a caldo, incluso il disappunto per Invincible, che dopo una prima parte ruscita diventa un pastrocchio. Pneuma continua a sembrarmi noiosa e derivativa, mentre Descending e Culling rimangono quelle che mi hanno colpito di più.
La cosa positiva è che, al contrario di 10.000, il giudizio col tempo sembra destinato a migliorare.
CITAZIONE (Edvard1 @ 26/8/2019, 16:40)
Tutto sommato ci sono spunti di novità nel sound di questo disco, mentre temevo in solo riciclo di vecchie idee come la title-track faceva pensare. Vabbè tra non molto lo ascolterò con più attenzione e poi vedremo.
Sul discorso novità mi ritrovo fino a un certo punto.
Mi dilungo senza troppe remore, la cosa positiva di scrivere in un posto in cui scriviamo sostanzialmente in due è che alla fin fine puoi fare quel cazzo che ti pare
Nel 2006 l'attesa del nuovo Tool era sì spasmodica, ma era temperata da una sorta di sensazione come di equilibrio e ordine: 5 anni dopo Lateralus, così come Lateralus è uscito 5 anni dopo Aenima. Maynard ha da esorcizzare il recente lutto e quindi non sorprende che 10.000 abbia una dimensione più "personale" rispetto al coriaceo predecessore, il sorprendente successo degli APC si fa sentire anche nel songwriting del disco, che propone almeno un paio di canzoni con sonorità e dinamiche non troppo distanti dal gruppo di Maynardo e Howerdel.
Quando appare, anticipato dalla terremotante Vicarious, 10.000 è esattamente quello che ci si aspettava. Everything in its right place.
Reazione iniziale: entusiasmo. Tutto carico a mille, i suoni che sembrano volere venir fuori a spallate dalle casse, Maynardo che urla, strilla, ora ossianico ora selvaggio ora ancora malinconico. La batteria pesta che è un piacere, il basso pulsa psichedelico, Adam ruggisce.
Poi però lo risenti una mattina di qualche tempo dopo e ti accorgi che qualcosa non quadra. C'è molto di artificioso, a partire dalle celebrate Wings. Mi sono sempre chiesto che cosa non mi convinca di quella canzone, e credo di averlo capito soltanto dopo avere perso mio padre dopo una lunga malattia: Maynard non è partecipe.
Lo ripeto, lo urlo per dargli la giusta rilevanza: MAYNARD NON E' PARTECIPE
La prospettiva che adotta non è quella di un uomo scosso dal lutto, non è neanche quella di chi grida al cielo il suo dolore: è quella di un azzeccagarbugli che chiede rispettosamente che nell'aldilà il suo cliente, sua madre, ottenga un trattamento di favore, che si meriterebbe due ali per quanto ha sofferto. Forse addirittura è sollevato, Maynardo, che la madre non soffra più e che lui, di riflesso, non debba più sentirsi in colpa per passare il tempo a cazzeggiare sui palchi coi suoi amichetti.
In quella mattina, ti rendi conto che le due Wings non riescono ad essere quello che intendevano essere, il cuore pulsante del disco e forse della carriera tutta dei Tool. Parole e musica non si fondono, risultano artificiosi i tentativi di enfatizzare le une con l'altra, sembrano stare su piani separati.
Il gelo di Lateralus è più caldo delle Wings e di qualsiasi altra cosa ci sia dentro 10.000 days.
Anche perchè, è questo è evidente a tutti, in nessun'altra canzone dei diecimila giorni i Tool "vanno sul personale", proponendo il solito repertorio esoterico, blandamente politico/culturale e qualche escursione ironica.
Quella mattina di scopri a pensare: caruccio 10.000 days, ora però metto su qualcosa che mi piace veramente.
Siamo nel 2019.
Gli schemi sono saltati, è passata una vita dall'ultimo disco, potrebbe succedere di tutto.
Beh, come dire?, non è che succeda granchè, almeno dal mio punto di vista odierno.
Molto è maniera di altissimo livello, qualcosa è persino emozionante, ma reali novità?
Maynardo canta meno e con meno veemenza, vero. Aumentano gli spazi per incursioni strumentali ariose e vagamente seventies, che si accostano alle classiche divagazioni ossessive e "circolari" del gruppo.
Ma a parte questo?
Pensaimoci, i Tool erano attesissimi e avrebbero venduto miliardi di copie pure se avessero fatto un album country. Quale migliore spinta per osare? Rumorismo, ambient, jazz, black metal, polka: potevano fare quello che volevano, una libertà inebriante.
E invece?
Un disco che suona Tool, però sommessamente. E a 13 anni dall'ultimo disco.
Segno di maturità? Possibile. Constatazione che non sono più gli alfieri che salveranno il rock in questo squallido millennio? Possibile anche questo.