| Riflessioni disparate dopo svariati ascolti serali di Year Zero
Ho spesso sentito usare il termine "minimalismo" nel recensire With Teeth; posso assicurare sin da adesso che YZ è ancora più minimalista, per certi versi. Quelli di noi che sono cresciuti con la stratificazione sonora, l'andamento cadenzato e le esplosioni emozionali di canzoni quali Something I can never have, Heresy, Closer, Eraser, Somewhat damaged, The day the world went away (e potrei continuare ancora a lungo) non potranno non notare come tale "epicità" sia completamente assente in YZ: nessun incremento emozionale, canzoni - molto ben prodotte, intendiamoci - ma "spartane", prive degli intarsi sonori quasi baroccheggianti presenti in TDS ed in TF. Non è un caso se le "code" delle canzoni di YZ siamo molto più orientate verso il noise-blast piuttosto che verso l'industrial psichedelico di TDS e TF. Oltre che minimalista (aggettivo, ovviamente, che deve essere preso con le molle, poichè è YZ è minimalista all'interno della discografia NIN), YZ è un album profondamente "black". Che Trent abbia tra le sue fonti di ispirazioni da sempre anche la musica nera è testimoniato dall'influenza che artisti come Prince e Public Enemy hanno avuto su di lui nella stesura di PHM, di alcune composizioni di TDS (Closer su tutte, ma non solo) e su gran parte del cd 2 di TF. YZ recupera queste influenze, tanto che - da Vessel fino a God given - l'album sembra un inno ai ritmi ed alle atmosfere black (e non sembra un caso se, nelle interviste rilasciate durante la lavorazione del disco, Trent abbia spesso detto che si era molto ispirato alla durezza di sound dei primi Public Enemy). Forse per questo Reznor canta per quasi tutto il disco una sorta di pseudo-rap, rinunciando quasi completamente alle esplosioni di violenza vocale che hanno caratterizzato molte sue precedenti composizioni. Il motivo per cui l'album, da Meet your master in poi, è più facilmente fruibile è che Trent rinuncia (ma solo in parte) alla durezza del suo pseudo-rap in favore di un tono più caldo e "abituale" per i fan di vecchia data. Ma attenzione, il suo non è un pieno ritorno al passato, una sorta di accomodante autoplagio: le canzoni sembrano durare troppo poco, sono più ariose ma non "avvolgono" come in passato, lasciano quasi un senso di incompiutezza nell'ascoltatore. Anche in questo caso, Trent sembra non volerci gratificare più di tanto, ma vuole perseguire la sua scelta anti-commerciale, con un rigore ed un coraggio invidiabile, soprattutto per un ultraquarantenne che non avrebbe più nulla da dimostrare.
Un commento sul valore complessivo dell'opera da parte mia sarebbe inevitabilmente affrettato e prematuro. Quello che so per certo è che a pelle percepisco reale grandezza in Year Zero: non è facilmente accostabile - come suoni, come costruzione delle canzoni, come finalità complessiva - ai precedenti (capo)lavori, e forse proprio per questo è ancora più ammirevole. Un album che fa storia a sè di un artista che fa storia a sè. E in più, riesce anche a gettare una nuova luce sul precedente With Teeth: questo l'anima accessibile dei NIN, YZ quella più intransigente. Entrambe, a mio parere, imprescindibili.
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