mah, Jaco Pastorius in realtà non è mai stato un vero e proprio musicista jazz (sebbene abbia intersecato quei territori più di una volta), più che altro era un esecutore ed uno studioso dello strumento (il basso elettrico) del quale ha innovato il ruolo e la tecnica esecutiva. non credo che le composizioni jazz di Pastorius verranno ricordate negli annali del genere (a parte quelle due o tre per solo basso che sono valide).
Zawinul e Shorter, invece, fanno parte della schiera di musicisti jazz di un certo rilievo che per un periodo hanno preferito "fare altro".
poi anche io li preferisco in veste solista (memorabili le composizioni di Shorter, tipo Footsteps, uno degli standard modali più apprezzati) o con Miles Davis (del quale, sempre Shorter, è stato coautore in diversi album).
a proposito di artisti che si sono un persi per strada c'è un certo Chick Corea, che prima di darsi al circo Orfei in formato fusion, faceva dischi tipo questo:
Chick Corea - Anthony Braxton - Dave Holland - Barry Altschul
Quartet Circle - Circulus (1970)
doppio album, quattro brani, di cui il primo intitolato programmaticamente "Drone" dedicati all'esplorazione delle possibilità sonore e del suono in sè.
un'esperienza musicale liberatoria, decisamente free, a tratti vicina a certa musica contemporanea, nella quale è facile perdersi, annegando nel flusso continuo di note e suoni, interrotto spesso da esplosioni di puntillismo atonale.
un altro disco che mi sento di consigliare è questo
M-Base Collective - Anatomy of Groove (1993)
M-Base è un collettivo (non solo musicale) di jazzisti afroamericani parecchio "contaminati" capitanato dal sassofonista Steve Coleman. una sorta di big band che include, tra gli altri, Greg Osby (che ha bazzicato anche territori hip hop) e Cassandra Wilson, una delle voci più interessanti nel jazz moderno.
Anatomy of Groove è un disco jazz-funk nel quale il groove viene analizzato, sezionato con precisione chirugica (soprattutto grazie alle capacità del batterista Marvin Smitty Smith) e ricomposto per ricostruire l'ossatura metronomica del pezzo, anche attraverso l'uso di sequencer e tempi scomposti, sempre mantenendo la "fluttuazione" jazzistica di tutto ciò che vi si costruisce sopra. ne risulta un lavoro potente, diretto ma allo stesso tempo densissimo, con i solisti che scorrazzano liberi sui beat.
tra i miei dischi preferiti di sempre.
e per finire :
Paul Motian - Bill Evans (1990)
Paul Motian è uno dei batteristi più importanti nel jazz, avendo suonato nel trio di Bill Evans, e tra i più influenti, soprattutto dal punto di vista della "liberazione dal tempo".
in questo disco, in un quartetto che lo vede insieme a Bill Frisell, Joe Lovano e Marc Johnson, ripropone un po' di standard di Bill Evans, ma senza il pianoforte. un disco tradizionale come approccio, ma straniante come risultato.