NEUROPRISON

Mastodon - Reviews

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Neuros
view post Posted on 22/2/2008, 17:02




Qua potete postare la vostra recensione sui Mastodon. Per i commenti andate in questo topic





MASTODON - Leviathan

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Anno: 2004 Etichetta: Relapse Records

Line-up:
Brann Dailor - Drums
Bill Kelliher - Guitar, Vocals
Brent Hinds - Guitar, Vocals
Troy Sanders - Bass, Vocals


Tracklist:
1. Blood and Thunder
2. I Am Ahab
3. Seabeast
4. Island
5. Iron Tusk
6. Megalodon
7. Naked Burn
8. Aqua Dementia
9. Hearts Alive
10. Joseph Merrick



Pochi l’avrebbero immaginato, pochi davvero.
L’ep Lifesblood e il primo grandissimo album Remission avevano lasciato a bocca aperta la critica e gli ascoltatori. Mai come negli ultimi il termine “next big thing” pareva calzare così bene a una band emergente, mai come ai Mastodon. Un alone crescente di attesa, considerata anche l’antitesi corrente tra il carattere scanzonato dei membri della band e la loro musica, i loro testi, pregni di mistero, cupezza, epicità. Parole sfuggevoli che si rincorrono, un concept su Moby Dick di Herman Melville in arrivo, frenesia asfissiante. Sono lontani i tempi dei Lethargy dove Brann e Bill si divertivano a torturare i propri strumenti sotto rasoiate che fondevano grind/death e math-core, i Mastodon hanno una veste più solenne, un crossover di generi pe(n)santi, ma non per questo normalmente complementari. Stoner/sludge, ritmiche che spaziano dal punk al progressive rock, violente cavalcate thrash ed esplosioni post-core. Un vortice sonoro che i quattro giovani di Atlanta volevano portare alle estreme conseguenze, pregno di una classe sopraffina, una padronanza dei propri strumenti a volte disarmante, e un gusto per la melodia difficile da riscontrare in altre band.
E l’album finalmente esce. Tra le mani una cover-artwork di impressionante bellezza a opera di Paul Romano, il tema marittimo è in primo piano, così come lo era quello dell’aria di Remission. La nave del capitano Ahab speronata dalla leggendaria balena bianca, sotto gli occhi severi di un cielo dai fuoco, fuoco che investe il vascello, in balìa di un mare in tempesta.
Questa è la degna presentazione per uno degli album più belli degli ultimi dieci anni, pietra miliare per un certo modo di definire l’estremo, ma che in realtà estremo non è.
Ma questa è la fine. L’inizio delle leggenda, è indietro nei posteri.
Il prologo è il riff iniziale di Blood And Thunder, dall’andamento rock devastante, poi i rimti si sollevano e parte una cavalcata dal retrogusto stoner/sludge sopra la quale si eleva la voce poderosa di Troy, mentre la coppia Hinds-Kelliher macina le ossa della nave, che imperterrita continua la sua folle corsa tra i fulmini e le onde, alla ricerca della balena leggendaria, mentre il sangue dei marinai scorre sul pontile, sacrficio necessario per on soccombere alla natura. Ed ecco che nel break centrale si apre un solo eseguito da Bill e Brent in approccio gemello, atto a caricare, a far salire il pathos, mentre Brann alla batteria incarnca lui stesso una belva degli abbissi, perché preciso e devastante, arriva ovunque, come un polipo indemoniato, e tutta la band insieme spinge verso acque più calme, con la disperazione e la foga di chi è stato temprato dal mare, in un finale al cardiopalmo.
Ma è soprattutto al capitano che si deve la salvezza, un solo uomo al comando guidato da ambizioni comune, la vittoria, che dolcemente accarezza l’ego, ma uno spirito guerriero forgiato da mille battaglie e cicatrici, l’ossessione del proprio nemico dalla bianca livrea, la bestia del mare che risveglia la bestia nel cuore, questa è I Am Ahab. Una fucilata fiera che colpisce in pieno volto, orgogliosa come una fiera, sostenuta da ritmi forsennati di Brann, mentre Troy incarnando il vecchio lupo di mare, guida la propria ciurma. Un pezzo veloce dove si susseguono riff melodici e progressioni acustiche di sottofondo, mentre la sezione ritmica riempie in maniera maestosa ogni spazio di etere.
Ed ecco che acustica si apre Seabeast, dal sapore prog-rock, visti gli andamenti irregolari di chitarra elettrica che lentamente si dipanano in sottofondo, diventando una crescente marea, che scava nei pensieri, e porta alle ancestrali radici dello scontro, alla somiglianza dei due acerrimi nemici, due ossi duri, cocciuti come pochi, che si inseguono per i sette mari incuranti di ciò che sta intorno a loro. Unici dei del tempio che loro stessi hanno eretto a loro memoria. Andamenti irregolari e vocals epiche a opera di Troy, mentre Brent si diverte a incarnare il male che circonda ogni cosa con le sue vocals sofferte e strozzate, un finale nuovamente sludgiano e possente, come un cavallone che porta all’Island.
Un breve inzio di noise-rock e un’esplosione che fonde punk, metal e death tecnico, ritmi forsennati e serrati, come pioggia che batte sull’albero maestro della nave anche in un luogo di appoggio, dove non arriva onda, ma in alto, il vento, batte violento. Ed ecco che si apre un solo epico e tagliente in un mare di strozzata violenza, dove i riff sono di impressionante pesantezza ma giocano a rincorrere il drumming furioso di Brann.
Ed è lui stesso ad aprire la maestosa Iron Tusk, con un giro di impressionante tecnica e gusto, pesando sull’unico pedale come fossero due, aprendo la strada per riff che finalmente mostrano il loro amore per il post-core più pesante, sempre unito a una melodia cristallina, che splende sotto i raggi del sole che filtrano attraverso le nuvole, come le punte delle lancie che svettano verso il cielo, pronte ancora una volta a trafiggere la carne della balena. E il siparietto centrale dove Brann esplode in tutta la sua bravetta, mentre Troy, oltre che a disperarsi localmente, copre di un mantello sonoro ogni cosa con il suo basso, appoggiato dai riff imponenti di Brent e Bill.
Di nuovo un’intro misteriosa ed esotica, eccome come si apre Megalodon.
Un mito o leggenda, non si sa, ma al contrario di Moby Dick risiede solo nella mente e nei sogni, il pesce più grande di tutti, lo squalo di 30 metri che terrorizzava i mari preistorici, che colpiva silenzioso, nonostante la sua mole. Così è la song, snella, veloce, sfuggente, sorretta da un ritmo che sfocia nel punk/hc travestito da stoner, che lascia spazio ad affreschi chitarristici che citano addirittura i Beach Boys, mentre nel finale distorsioni e armoninazzioni rendono il tutto ipnotico e marziale, e Brann che colpisce in maniera fantasiosa, spesso in tempo dispari.
Ed epica si presenta Naked Burn, con un Troy mai così evocatico, sugli scudi, mentre i ritmi non sono eccessivamente veloci, ma la struttura della song è chiaramente progressive. Innesti di chitarra effettata, spazi acustici, esplosioni di basso, riff che nascono e muoiono in pochi secondi, mentre la mente viaggia verso ricordi sbiaditi dall’acqua salata e dal tempo, quando la vita era ancora sulla terra ferma, quando i sogni erano vergini e il sorriso rivolto alla madre, quando l’animo inseguiva una salvezza redenta da ogni peccato, le aquile volavano maestose sopra l’orizzonte.
Ma la mente torna al presente, al mare che infuria nuovamente, impazzito, cornice perfetta per l’ennesima battaglia, forse quella fatale, definitiva. Aqua Dementia.
Una tempesta di proporzioni gigantesche, onde che si scagliano contro la nave, sotto forma di riff veloci e massici, taglienti come rasoi, che sfregiano il legno, i ritmi crescono, forsennati, a briglie sciolte, come se non ci fosse un domani; questa volta è Brent a prendere le redini del microfono, ma stavolta è supportato da un ospite di eccezione, Scott Kelly dei Neurosis, che marchia con il fuoco la canzone (collaborando anche nella stesura del testo), e difatti l’inluenza della band di Portland è evidente, nella prima parte in maniera nascosta, visti i ritmi elevati, ma quando questi rallentano, ecco che si odono gli echi maestosi di album come Times Of Grace e A Sun That Never Sets, riff massicci ed escursioni introspettive guidate dalle vocals sofferenti di Scott, che si spengono progressivamente. La battaglia si rinnova, violenta e toccante, quasi commovente, una sfida leale tra due avversari immortali:

“An invitation to clairvoyance
It's hard to stand around and watch while they ignore us
She is dumped on
Used as an ashtray
At the expense of an organized association
I see the stones in the path we laid
It's a question of tomorrow
We like to breathe the ancient wind that we have followed
A perfect fire to burn the land
Before they knew it
The sun had falledn
Boiling the water where the hydra's crawling
The righteous go in blazing fury
And we cleanse the earth to bring it down
Bring it down
And God will watch it burn
Releasing souls
Within the wrath we wait
To be dirt again
There is a flame I lit
I upon high”



Il finale è distorto e campiona lo sciabordìo della nave, tutt’uno stupendo con la successiva Hearts Alive, di nuovo prog, acustica, con la batteria di Brann in primo piano (penso abbiate capito sia uno dei migliori batteristi in circolazione al giorno d’oggi), che esplode in riffing di matrice thrash (non fosse per il mid-tempo generale della song), con andamenti chitarristici multicolori, che si rincorrono e alternano, che fanno il verso l’uno dell’altro, come due cuori che battono all’unisono, quello del capitano Ahab e quello di Moby Dick, legati dall’odio, ma nel profondo uniti da stima reciproca, da ammirazione, un segreto vincolo d’amore impossbilie da rivelare a terzi, chiuso nell’intimità della battaglia, che per l’eternità si rinnova, aggiungendo cicatrici e lacrime, sangue e dannazione, fino al giorno che porterà via entrambi, silenzioso e agrodolce come la conclusiva e acustica Jospeh Merrick, per erigere solitari un nuovo tempio, in un altro luogo, in un altro tempo.
E battaglia fu.
 
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LocustStar
view post Posted on 24/2/2008, 17:32




da Silent Scream Webzine

MASTODON - "Blood Mountain"

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La maestosità e l'imponenza del suono-Mastodon trova con “Blood Mountain” un nuovo mezzo per rivelarsi al mondo. Il taglio tipico della proposta del gruppo c'è sempre ma appare diverso dal recente passato. La spessa corazza hardcore che rivestiva come granito il sound del quartetto di Atlanta pare essere stata dismessa in favore di tessuti più tradizionalmente heavy metal. Riff epici ed oscuri (su tutti “Crystal Skull” con Scott Kelly dei Neurosis nuovamente alla voce dopo il cameo in “Aqua Dementia” nel precedente “Leviathan”), accelerazioni discendenti dai Judas Priest (il tronco finale dell'intricatissima “Capillarian Crest”, in cui affiora una lunga sezione con fraseggi country sparati ad alta velocità), continui sdoppiamenti “di terza” delle chitarre che si sovrappongono omaggiando i padri Iron Maiden. Chiosando il titolo dell'opera, quella allestita dai Mastodon è davvero una corpulenta massa monolitica ricca, al suo interno, di numerosi cunicoli e deviazioni che portano tutte verso la nevosa vetta estrema. La melodia prende il sopravvento in numerosi momenti del disco, ma il vertice è rappresentato da “Sleeping Giant” che pare provenire da grotte inesplorate di un mondo mitico, ipnotica nei suoi intrecci acustici d'apertura, polimorfica nel suo continuo svilupparsi ed inoltrarsi verso sentieri via via più metallici. “The Wolf Is Loose” abbatte la barriera del silenzio con un Brann Dailor che mette subito in guardia riguardo il suo “sporco” lavoro in giro per l'album, sorreggendo con autorità il nevrotico assalto thrashy su cui si edifica il brano. Se proprio vogliamo scovare un neo in “Blood Mountain” lo becchiamo con “Colony Of Birchmen” che vede la partecipazione di Josh Homme dei Queens Of The Stone Age: col tempo e col passare degli ascolti perde in consistenza per risultare alla lunga il momento di maggiore debolezza del platter. In “Cycle Cysquatch” e nella successiva “Bladecatcher” (retrogusto grind?) si incontrano schegge hardcore imperversare senza controllo prima che parta la seconda parte di “Blood Mountain”, che snocciola canzoni di notevole valore (anche se l'intensità dei quattro mortaretti d'apertura é da manuale) e complessità dei risvolti armonici. “Hunters Of The Sky” si dimostra tellurica negli andamenti e lascia sgorgare un ritornello strisciante ed accattivante; “This Mortal Soil” fluttua lieve per poi piombare a terra e librarsi nuovamente per dissolversi improvvisamente, prima che il minaccioso arpeggio di “Siberian Divide” (che si svolge sui giochi di disarmonie dell'enorme “Hearts Alive” di “Leviathan”) faccia irruzione e si tramuti nell'ennesimo terremoto condito da fascinose e potenti melodie, non solo strumentali, alternando evocativi passaggi ad altri in cui i Nostri ci vanno pesanti come un mezzo cingolato. Chiuderanno gli ondeggiamenti della lenta “Pendelous Skin”. La rielaborazione degli stilemi dell'heavy metal incastrati col “fare” del progressive rock trova con “Blood Mountain” nuove ed interessanti vie da percorrere, strade in cui i Mastodon ora più che mai appaiono in posizione d'avanguardia. Fermo restando come “Leviathan” rimanga il capolavoro del gruppo (ed uno degli album più intensi usciti dal 2000 ad oggi), “Blood Mountain” sfoggia la grandezza devastante di una band formidabile.

1. The Wolf is Loose
2. Crystal Skull
3. Sleeping Giant
4. Capillarian Crest
5. Cirle of Cysquatch
6. Bladecatcher
7. Colony of Birchmen
8. Hunters of the Sky
9. Hand of Stone
10. This Mortal Soil
11. Siberian Divide
12. Pendulous Skin

da Silent Scream Webzine

MASTODON - "Call Of The Mastodon"

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Nel giro di un paio di anni i Mastodon sono diventati una tra le band metal più acclamate e vituperate dell'intero globo. Merito di due album come “Remission” e, soprattutto, “Leviathan”, quest'ultimo da tramandare già adesso ai posteri, qualunque sia il futuro artistico dei quattro americani. Un futuro che ci mette un po' in apprensione perché, parliamoci in maniera franca, ogni qualvolta un gruppo valido sottoscrive un accordo con una major (in questo specifico caso la Warner Bros), la paura di trovarsi di fronte all'ennesimo incenerimento creativo ci stringe il cuore in una morsa. Ma bisogna anche essere un tantino fiduciosi. E quindi, in attesa dell'album che verrà (presumibilmente entro questo stesso 2006), l'etichetta “talent-scout” che li ha lanciati, ovvero la sempre formidabile Relapse, approfitta del momento di estremo interesse nei riguardi dei quattro mastodonti per pubblicare in versione remixata/rimasterizzata le sessioni di registrazione antecedenti il primo full-length della band (“Remission”, 2002), di cui una parte sarebbe comparsa nella scaletta del primigenio Ep “Lifesblood” (2001). Inutile girarci intorno, già a quei tempi si vedeva che i Mastodon avevano (hanno) stoffa pregiata da vendere (ma chi segue la faccenda da prima della loro definitiva esplosione mediatica questo lo sa benissimo). Non ancora raffinate come negli ultimi tempi, le creature sonore qui presenti si muovono tra complessità ritmiche imponenti (Brann Dailor rimane uno tra i migliori batteristi usciti allo scoperto nell'ultimo periodo), chitarre che si sovrappongono per scorticare ed anticipare le tempeste marine di lì a venire, contenendo chiaramente il trademark della formazione in un'esposizione di personalità davvero notevole. Brani come “Shadows That Move”, “Slick Leg”, “Welcoming War”, la stessa title-track o “Battle At Sea” non perdono una briciola del loro primordiale fascino. Tra thrash, schizzi grind, impeto (post)hardcore, filigrana progressiva e putridume sludge che emerge qua e là, gli esordi dei Mastodon rimangono a tutt'oggi di livello supremo, sminuiti solo dal fatto di essere l'acerbo punto di partenza di un'evoluzione che li porterà a metter su un capolavoro come “Leviathan”.

1 - Shadows That Move
2 - Welcoming War
3 - Thank You For This
4 - We Built This Come Death
5 - Hail To Fire
6 - Battle At Sea
7 - Deep Sea Creature
8 - Slick Leg
 
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PostNero
view post Posted on 30/10/2008, 19:02




Con netto ritardo, ma è arrivata anche la recensione di Remission per Noize Italia ;)
 
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Michele Audiodrome
view post Posted on 14/7/2009, 16:54




Recensioni su Audiodrome fatte da me medesimo:

Remission

Blood Mountain

Crack The Skye
 
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mardelleblatte
view post Posted on 26/9/2010, 12:19




E con il solito ritardo enciclopedico ecco la recensione di Scaruffi per Crack the Skye. Premetto che non l'ho ascoltato a parte il singolo.
CITAZIONE
A wider range of vocals and a stronger melodic talent surfaced on Crack The Skye (Reprise, 2009), which at times sounds like an emocore crossover album (Oblivion, Quintessence), and sometimes a progressive-rock album (the magniloquent Divinations, the 10-minute jam The Czar that propels a languid hymn), sometimes even bordering on pop-metal (Crack the Skye). The 13-minute The Last Baron is emblematic of how confused and unrealistically ambitious these Mastodon can be: swinging between speed-metal and arena-pop, the piece is practically devoid of any emotion, meaning or purpose. There is very little that is "technical" about Mastodon's music at this point. They are closer to Dream Theater than their fans are willing to admit.

5/10

Qua si va sul personale eh.
 
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bobafett
view post Posted on 26/9/2010, 12:47




CITAZIONE (mardelleblatte @ 26/9/2010, 13:19)
E con il solito ritardo enciclopedico ecco la recensione di Scaruffi per Crack the Skye. Premetto che non l'ho ascoltato a parte il singolo.
CITAZIONE
A wider range of vocals and a stronger melodic talent surfaced on Crack The Skye (Reprise, 2009), which at times sounds like an emocore crossover album (Oblivion, Quintessence), and sometimes a progressive-rock album (the magniloquent Divinations, the 10-minute jam The Czar that propels a languid hymn), sometimes even bordering on pop-metal (Crack the Skye). The 13-minute The Last Baron is emblematic of how confused and unrealistically ambitious these Mastodon can be: swinging between speed-metal and arena-pop, the piece is practically devoid of any emotion, meaning or purpose. There is very little that is "technical" about Mastodon's music at this point. They are closer to Dream Theater than their fans are willing to admit.

5/10

Qua si va sul personale eh.

:lol: :lol: :lol: :lol:
sarei curioso di conoscere la sua concezione di "emocore", "crossover" e "arena pop"
 
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This Is Forever!
view post Posted on 26/9/2010, 13:26




Maddai, Emocore Crossover?

Ma di cosa parla?

A forza di ascoltare dischi Scaruffi si stà fottendo il cervello.
 
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9 replies since 22/2/2008, 17:02   427 views
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