NEUROPRISON

Today Is The Day - Reviews

« Older   Newer »
  Share  
Neuros
view post Posted on 22/2/2008, 17:07




Qua potete postare la vostra recensione sui Today Is The Day. Per i commenti andate in questo topic




TODAY IS THE DAY - Willpower

image

Anno: 1994 Etichetta: Amphetamine Reptile Records

Line-up:
Steve Austin: Guitar, Vocals, Samples
Brad Elrod: Drums
Mike Herrell: Bass


Tracklist:
1. Willpower 3:34
2. My First Knife 2:57
3. Nothing To Lose 3:41
4. Golden Calf 3:53
5. Sidewinder 5:33
6. Many Happy Returns 2:33
7. Simple Touch 3:30
8. Promised Land 3:52



Il primo mattone risale all’anno prima. Supernova (escludendo l’ep How To Win Friends And Influence People) fu un esordio di acida rabbia e impatto, dove tre giovani ragazzi si cimentavano a miscelare efferatezze estreme assortite, come un’insalata russa, dal metal, all’hardcore, fondendoli, esasperandoli, destrutturizzandoli e ricomponendoli come gli sbullonati. Un esperimento riuscito, il primo giocattolo di Mr. Steve Austin dette i frutti sperati. Il giocattolo Today Is The Day.
Si arriva così alla prima importante creazione. Willpower. Il potere che sarà, e questa ne è una prima dimostrazione, perché l’influenza di questa band sul panorama estremo sperimentale sarà fortissima, ancora più evidente negli anni a venire.
Il disco incarna a un anno di distanza il serpente nell’artwork del debut e striscia velenoso attraverso le note per insinuarsi dentro la testa dell’ascoltatore.
Il suono è stato migliorato proprio dallo stesso Steve in cabina di regia, la titletack parte selvaggia con il basso Mike Herrell che domin su tutto, e attorno a esso si stringono le spire della chitarra di Steve, che malefico stringe alla gola, mantenendo una dose di malsana melodia che rende il tutto affascinante. Le chitarre sono distorte, anche quando si cimentano nell’acustico, insalubri, come le inquietanti vocals pulite che si snodano fino alla fine. Una rabbia che stenta ad esplodere, anche quando i riff si fanno più violenti, e la psicosi di Steve inizia a manifestarsi in tutta la sua isteria vocale. La sua chitarra viaggia come non mai, districandosi scomposta come un ubriaco nella notte, il ritornello di My Fist Knife entra subito nella testa, poggiante sopra un ritmo di noise elettrico estremizzato, un suono che un paio di anni più tardi sarà nelle mani dei Breach, mentre in Nothing To Lose i tempi rallentano un attimo, ma senza perdere in potenza, e ancora una volta Steve si cimenta in dannati vocalizzi puliti, quelli che potrebbe emettere chi indossa una camicia di forza.
Serrato il drumming di Brad Elrod che fa da lettino (numerato) a ogni composizione. Dopo angoscianti rumori di sottofondo si apre The Golden Calf, che presenta una voce narrata e in sottofondo un suadente canto femminile, ed ecco un primo paragone con i Neurosis, quelli di Enemy Of The Sun, che un anno prima con Raze The Stray attuarono una simile soluzione, difatti i Today Is The Day con quest’album puntano diritti a quelle sonorità, scevre dei tribalisimi di Von Till&Co., con piglio però più estremo.
Sidewinder è posta nel pieno dell’album, la sua traccia più lunga, rappresenta l’apice di questo full, genesi per l’instabilità musicale futura della band. Il suono si fa serrato, un vortice impazzito e rumorista, grazie ai samples di sottofondo di Steve, che da sfoggio di tutte le sua manifestazioni vocali, sussurrate, filtrate, lacerate e laceranti, Un chiodo che spinto con flemmatica calma dentro la testa:

“Hell I'm in it
I live it I love it
Freedom It's not given
So, So I'm takin”


Il finale è pura nevrosi messa in musica, che devasta ogni percezione.
Many Happy Returns viene contesa tra disturbanti samples elettronici e massicci riff di chitarra, che vengono nel finale sezionati e fatti implodere, mentre in Simple Touch torna la calma con chitarre che riescono a imprigionare la poca melodia di cui sono capaci e donarla all’esterno, con Steve che duetta con una gentile donzella, e che ci crediate o no, è l’amore il sentimento che domina, dolci parole cariche di pathos donate al vento. Uno dei pochi barlumi di speranza, in tutta la loro discografia. E il finale affidato a Promised Land infatti cresce come un’onda che si avvcina alla riva, prima pacato e campionato, con i riff che crescono lentamente, possenti, quadrati, che impazzano nel finale come l’onda che si infrange sugli scogli, sulla spiaggia, distruggendo tutto ciò che incontra sul suo cammino. Tappa fondamentale per comprendere il genio di Steve Austin, dove si presenta il germe della sua geniale follia, anche l’album più accessibile musicalmente, quello più post-hardcore oriented, perché il cammino futuro, è una strada di pazzia e violenza inaudita, fisica e mentale.

Edited by Neuros - 11/6/2009, 18:30
 
Top
0 replies since 22/2/2008, 17:07   236 views
  Share