Il carcere di BenthamNel 1791, l'utilitarista britannico Jeremy Bentham pubblicò un progetto di carcere modello, che battezzò col nome di Panopticon. Bentham immaginò un edificio semi-circolare, al cui centro era collocata la sede dei sorveglianti, mentre le celle si trovavano lungo la circonferenza e erano interamente esposte allo sguardo delle guardie; dei muri isolavano i prigionieri l'uno dall'altro, così da render loro impossibile vedersi e comunicare reciprocamente. La torre di sorveglianza, con un sistema di imposte, permetteva di vedere senza essere visti. In questa maniera, ciascun prigioniero - non potendo mai avere la certezza di non essere sorvegliato - si sarebbe sempre comportato con disciplina.
Come nota David Lyon, in questa parodia laica dell'onniscienza divina, l'invisibilità e la conoscenza - o lo sguardo - asimmetrici sono una garanzia di potere e di introiezione della sua volontà nei soggetti, che non possono mai sentirsi sicuri di essere soli, grazie all'ingegnosità strumentale del dispositivo di sorveglianza.
L'anello di GigeIl progetto di Bentham ha uno scopo pedagogico e correzionale, e ci chiede di assumere il punto di vista del potere istituzionale, allo scopo di:
punishing the incorrigible, guarding the insane, reforming the vicious, confining the suspected, employing the idle, maintaining the helpless, curing the sick, instructing the willing in any branch of industry, or training the rising race in the path of education (Collected Works, ed John Bowring, London, 1843, p.40)La storia di Gige, è narrata dal punto di vista di un invisibile: invisibilità controllata e asimmetrica significa - come per Bentham - potere. Ma questa invisibilità non è lo strumento di un potere assunto come istituzionale, benevolo e legittimo: essa stessa istituzionalizza e legittima un potere nato come trasgressivo. Fra carcerieri e carcerati non c'è nessuna differenza morale, ma soltanto una differenza "tecnica". Se l'unica garanzia di giustizia è la consapevolezza della sorveglianza, sottrarsi alla sorveglianza non significa semplicemente sottrarsi alla giustizia, ma mettersi in condizione di acquisire un potere incontrollato. Il Panopticon può essere pensato come l'esito istituzionale dell'anello di Gige.
Esteriorità e coscienzaGlaucone, quando chiede a Socrate di dimostrare perché dovremmo essere giusti quando non si è sotto lo sguardo di chi ci controlla, propone, a distanza di più di due millenni, una sfida anche per Bentham: chi ci assicura che l'occhio del carceriere invisibile sia paragonabile all'occhio di Dio, se la sorveglianza è la fonte esclusiva della giustizia?
Bentham e Gige rappresentano un soggetto che, quando è invisibile, è ingiusto, immorale e impolitico, e diventa giusto, morale e politico solo nella misura in cui è reso visibile. Il potere è il controllo della visibilità, e, in quanto tale, è un punto cieco fuori controllo.
Perfino coloro che vorrebbero regolare il potere limitandone la prospettiva e invocando una sfera "privata", nascosta al pubblico, accettano implicitamente la logica di Gige e di Bentham: siamo liberi dove e quando non siamo sorvegliati. Ma il nostro spazio "privato", in quanto si sottrae allo sguardo, si sottrae anche alla giustizia, se la giustizia è intesa come una funzione "di sorveglianza" esclusivamente pubblica. Viceversa, lo spazio pubblico è uno spazio di timore e di conformismo.
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questo linkSarà Michel Foucault a evidenziare la teatralità insita nel progetto, a cogliere l’elemento scenico di tante piccole gabbie in cui «ogni attore è solo, perfettamente individualizzato e costantemente visibile»: è quasi un’eco che da queste note ci rinvia alle gabbie del nostro oggi. Vedere senza interruzione, rovesciando due dei tre capisaldi su cui era organizzata l’antica "segreta": non si è più né nascosti né privi della luce. Resta il terzo: si è rinchiusi. E ciascuno, rinchiuso, è reso visibile al sorvegliante, non agli altri perché impedito da muri laterali, ed è la coscienza della propria visibilità ad assicurare il funzionamento del potere: una somma di individualità visibili a chi sorveglia, ma impossibilitate a costruire collettività e, quindi, atomizzate e continuamente de-individualizzate.
Questo mondo del continuo vedere può a sua volta essere visto? Qual è la sua possibilità di essere osservato dall’esterno la sua visibilità? E quali meccanismi induce nel suo funzionamento la percezione di essere a sua volta visto, controllato, guardato?