Nel corso della mia permanenza nella Neuroprigione ho potuto notare con piacere come molti si occupino di critica musicale su webzine o affini (senza contare cha anche chi non se ne occupa spesso fornisce analisi argute e interessantissime).
pensavo fosse stimolante parlare di come ci approcciamo alla materia, se abbiamo un modus operandi, chi preferisce le recensioni "di panza" e chi invece preferisce sezionare un disco in maniera più fredda;
chi ha già in testa certi valori di cui la musica che recensite deve farsi portatrice o chi invece di volta in volta "si adatta" alla musica cercando di capire cosa voglia dire l'artista e su quali punti ha posto l'accento, se e come ci è riuscito;
chi è "formalista" e cerca la cosa fatta bene, chi invece vuole espressività e innovazione a tutti i costi sennò è roba già sentita o senz'anima...
etc etc
chiaramente mi esprimo per estremismi, immagino che nella mente di chi analizzi un disco sono aperte tutte queste (e altre) finestre categoriali (bisogna vedere come e in che quantità e in che casi semmai)
io in genere cerco di impostare tutto su criteri più o meno impersonali, di descrivere i brani, di fare capire al lettore cosa sta succedendo nelle tracce anche sommariamente, di rendere un'idea di cosa voleva comunicare in primis l'artista (o semmai "porsi nella maniera migliore nei confronti dell'opera"). Voglio che il lettore pensi che il disco sia, quasi per forza di cose, una cagata o un capolavoro senza dover intravedere il mio disgusto o il mio entusiasmo. Chiaramente non riuscirò mai a scrivere una recensione del genere XD
Secondo me è importante capire in primis qual è il senso ultimo del disco, se i suoi punti forti sono riscontrabili in produzioni antecedenti, se si sta tentando di variare uno schema precostituito, di mantenere viva una tradizione o di dire qualcosa di nuovo (senza che nessuno dei 3 obiettivi sia pregiudizialmente da premiare o meno)
faccio un esempio:
per me il debutto dei Linkin Park (Hybrid Theory, 2000) è un buon disco da 6.5/10 scaruffiano (lui è il mio mentore e il mio "metro di giudizio"
)
è roba commerciale
è paraculosa, zeppa di stereotipi musicali e non
testi da tredicenne e melodramma adolescenziale che non sa suonare sincero ed espressivo come quello di colleghi più anziani
la produzione da gingillo preconfezionato ad hype
è l'antitesi (estetica, tematica, musicale, ideologica) di ciò che dovrebbe essere il metal
è la versione edulcorata di un genere già trendy
il resto della carriera poi parla da sola
eppure:
- il lavoro del dj è immenso, stratificato e personale; loop di pad, scratch, campioni di piano, basi ritmiche prese in prestito anche dal drum'n'bass, effetistica variegata e chincagleria tecnologica varia spesso non sono il compendio ai riff, nè un mero tappeto -
sono l'essenza creativa stessa delle canzoni. Il "paesaggio", quello che si muove sullo sfondo, che diventa più importante e significativo dei "protagonisti" (voci e quartetto rock)... un'idea molto hiphop, un'idea davvero inusuale in un contesto comunque heavy, anche quelli crossover.
- la produzione rappresenta d'altra parte un esempio pregnante di rock pesante applicato all'era di Pro-Tools. Il "Metal" che si accorge dell'esistenza di Timbaland e Neptunes in un certo senso (che poi lo faccia per vendere per ingrassarsi le tasche è in secondo piano per me).
- Melodie accattivanti, paracule, pop ma accattivanti, al servizio di strutture fluide e immediate. Stesso discorso di prima.
- L'operazione dell'accostamento rapper e urlatore dona dinamicità ai pezzi. La prevedibilità della forma canzone viene stemperata grazie a un susseguirsi di mood che corrispondono/si alternano a una varietà di stili e combinazioni di essi: rappato + base chitarrone nel verso, urlato + base hiphop nell'intro, crooning + base pop o elettronica nel ritornello, etc etc
- In generale per me è un esempio riusucito e calzante di crossover su scala diversa da quella dei RATM o FNM, non solo su singoli tratti musicali presi da "mondi" diversi (qui molto più interconnessi e coesi di quanto possa sembrare) ma che si estende a contenuti sonori come la produzione e l'estetica generale dei pezzi.
Ora io ho scelto apposta un disco che divide e che credo susciti più d'un orticaria a tantissimi per mostrare come penso la critica musicale.
Posto un contesto di base (in questo caso il NuMetal, la fine anni '90/2000 etc) tento di mettere in relazione il disco in questione con quanto proposto precedentemente in campi simili e cercando di tracciare tutte quelle caratteristiche che lo rendono un cd che "ha diritto ad esistere". Raison d'Etre
Non credo sia produttivo pensare per esempio "questo è un disco Nu-Metal ergo il Nu-Metal è bravo a fare certe cose, e se sto disco non è in grado è na merda" né "io dalla musica pretendo X e se il disco mi da Y allora non vale".
Un disco che dal punto di vista della tecnica, dell'urgenza espressiva, dell'indifferenza alle mode può essere un fallimento può mostrarsi un disco riuscito su altri aspetti e capace di "dire qualcosa di nuovo" anche per motivi sindacabilissimi.
Non sono la ricerca sperimentale o la commercialità più smargiassa in sé da premiare o dannare in sé (o anche solo gli intenti di), ma vedere cosa realizzano secondo me.
Sono sicuro che i Manowar, che mandano avanti un discorso che artisticamente è l'opposto di quanto io cerco/chiedo alla musica da ascoltatore, si saranno resi capaci di album mirabili (almeno 1, cazzo, in quasi 30 anni, glielo posso concedere
).... devo solo trovare la chiave di lettura giusta... E LA PAZIENZA!!!!
a voi ragazzi
Edited by mardelleblatte - 2/4/2009, 17:46